14 maggio 2014

Terremotata

Ricoperta dalla luce sanguinante del tramonto si dondolava, ormai da ore, seduta sulla terra nuda, abbracciando le sue esili gambe, le uniche cose che le restavano. Di fronte a lei una volta c'erano una casa, la mamma e il papà. Aveva sbagliato di poco. Avrebbe dovuto rientrare in orario, non avrebbe dovuto disobbedire al papà. A cena si va a tavola alle otto e un quarto, anche quando non c'è la mamma, anche se cucino io, quindi chi c'è c'è, e mangia, chi non c'è non c'è, e vive. 
Ormai era l'una della seconda notte trascorsa dalla dirompente scossa di terremoto, la luna a metà illuminava quanto bastava per guardare la casa sbilenca, stesa su un fianco. E pensare che credeva che solo le pallonate alla Mark Lenders del suo amichetto Giuseppe avrebbero potuto farla crollare. 
Ogni tanto si alzava e urlava, cercava tra i resti, ci provava ma nulla, nessuna forma di vita, solo grilli, rospi, pacchetti di crackers e acqua, il giusto per sopravvivere. Ma mamma e papà?
Dopo sei giorni si stava abituando alla situazione, casa sua sembrava ormai aver avuto sempre quella forma. 
Si fece l'alba del settimo giorno, la luce le solleticò gli occhi, diventava sempre più luminosa e calda, un crescendo, non poteva più resisterle, si gettò verso di lei, di fronte ai suoi occhi passarono la gonna della madre che si allontanava, la porta chiusa a chiave, il volto di papà allo specchio, i suoi occhi compiaciuti, i cigolii del letto che sembravano grilli, il suo corpo rimbalzare sul letto, il suo corpo sospinto dal padre, il Cristo in mezzo al muro ad osservarla.
Volò, tentò di volare, come una colomba ferita, dopo qualche istante toccò terra, la seguirono come tante cuccioli di colomba i vetri della finestra rotta del terzo piano. Era tutto finito, forse era tutto un sogno. La sua nuova vita nel paradiso degli innocenti era iniziata in quel momento.

Nessun commento: